venerdì 28 febbraio 2014

Il blog che sarò tra tre anni

Caro Diario, 
 hai visto le novità?
 Ti scrivo ormai da un anno e passa, ma le presentazioni serie ancora mancano. Corro subito ai ripari: ecco due pagine nuove nuove per presentare come si deve me e te.
 Non mi è facile pensare a noi due distintamente. Inizio a scriverti per superare indenne una crisi coi fiocchi, nasci dal mio istinto e dal bisogno di riorganizzare la mia vita con gli annessi e connessi. Ribaltata a testa in giù finalmente vedo chiaro: le cose prima secondarie ora sono in cima alle priorità, e quelle prima importanti diventano nugae. I vecchi occhiali si rompono e quelli nuovi mi fan vedere tutto più rosa: ricomincio a sorridere con gusto.
 Sono sicura di scrivere l'ultima tua pagina dopo un solo anno, ma il vento del cambiamento è sottile e s'infila dappertutto: da necessità, scriverti e raccontarti le mie vicende quotidiane diventa gioia e piacere. Grazie a te posso conoscere altre Q.Q. ed ex Q.Q. in via di definizione, confrontarmi con loro e sorridere dei piccoli guai e delle piccole gioie.
 Siamo ancora un tutt'uno, mio caro Diario, e lo saremo anche nei prossimi anni.
 Non penserei al futuro (abitudine persa dieci anni fa), ma ho un tema da svolgere come compito de Il Blog Lab, perciò mi tocca. 
 Il tema s'intitola Il blog che sarò tra tre anni.
 Tra tre anni sarò assieme a te un blog più "serio", ma continueremo a divertirci. Pagina dopo pagina cresceremo assieme, prenderemo tante decisioni e faremo molte scelte. Spesso cambieremo idea - di sicuro.
 Tra tre anni raggiungeremo l'obiettivo iniziale: avere sane abitudini e una vita serena. Ho in mente nuovi progetti da confidarti e cambiamenti positivi di cui vantarmi.
 Tra tre anni raggiungeremo assieme anche un altro obiettivo, piuttosto ambizioso: avere una vita ricca di avventure. Prime fra tutte scrivere per professione e sguazzare in una rete di amicizie con cui collaborare, condividere interessi e continuare a sorridere.
 Come? Così!

  1. Preparo il nido {curo la casa, curo gli affetti, imparo, curioso e sperimento}
  2. Controllo il piumaggio  {curo me stessa, curo gli interessi, scrivo, leggo, allargo gli orizzonti}
  3. Stendo le ali e volo alto
(0; determinazione: essa c'è; umore: scintillante; sorriso del giorno: il nostro futuro!)

mercoledì 26 febbraio 2014

Cambiamento numero tre

Caro Diario,
 ho la sindrome da cucina irrisolta.
 Non è cosa da poco entrare in cucina ogni giorno, guardarla con occhio critico e con "stanchità" (come direbbe il mio professore di filosofia) pensare: No, così non va. Meglio cosà...
 Ma nessuno sa cosa sia cosà.
Se potessi buttar giù la parete divisoria tra cucina e soggiorno, farei una cucina con un bancone. Però poi perderei il fascino della vetrinetta in nicchia. E sicuramente le volte ne risentirebbero.
Se potessi far correre i mobili anche sotto la finestra, esaudirei uno dei miei sogni. Ma la finestra è molto bassa e sprecherei tutto quello spazio in più del vano.
Se aprissi il passaggio soggiorno/cucina verso il giardino, invece che verso il cortile, avrei un lungo piano di lavoro sotto ben due finestre e ben due nicchie da sfruttare (due vetrinette? una vetrinetta e la casa per lo Smeg?). Ma dovrei spostare il calorifero sulla quarta parete libera e sono sicura che me ne pentirei all'acquisto di un nuovo mobile.
Se la casa fosse al contrario (con tutto quello che sta sulla parete est ribaltato sulla parete ovest e viceversa), avrei una casa più semplice e non passerei mezz'ore intere a riempire di disegnini fogli di quaderni a quadretti alla ricerca della soluzione perfetta. Ma perderei gran parte del divertimento.

 Cosa c'è che non va nella nostra cucina? Te lo dico subito: uno non so cosa farmene della nicchia, due manca un piano di appoggio extra, tre non so dove mettere il frigorifero (dove già si trova, tra le due finestre, oppure sotto il piano di lavoro?), quattro non so quale frigorifero scegliere (Smeg, integrato, o a cassettone?), cinque non sopporto la mensolona con luci (meglio pensili, scaffali aperti o il nulla?), sei non sopporto l'orrida cappa, sette mi piacciono i mobili bassi disposti a U (ma preferisco il forno alto), otto adoro i pensili e le colonne alte (ma temo di soffocare le volte), nove...

 Ci pensa il vento del cambiamento a dissipare ogni dubbio: a partire da aprile Ikea metterà in vendita un nuovo sistema per cucine chiamato Metod (con l'accento sulla o, mi dicono). Nuovi nomi, nuove misure, nuove ante, nuovi cassetti e nuove soluzioni organizzative. Bello, bellissimo.
 Primo pensiero: lo voglio! Gli occhi già mi luccicano al pensiero di aprire quei cassetti. Mi blocca un'unica considerazione: la nostra cucina Ikea ha solo sei anni, è in ottimo stato ed è superorganizzata. Butterei al vento tutto il gran lavoro che ho fatto finora e non mi va.  
 Secondo pensiero: completiamo la cucina finché è ancora in vendita il sistema Faktum! Son solo pochi pezzi, in fondo. Sì, ma quali?
 Così mi ritrovo a disegnare ipotetiche cucine.


 Partendo dallo stato di fatto (monco), ipotizziamo prima di aggiungere un pensile profondo 60 cm sopra al forno e al frigorifero fino a un'altezza di 141 + 35 = 176 cm, poi di alzare ulteriormente le colonne a 211 cm, integrando frigo/congelatore futuro, e decidiamo infine di aggiungere una fila di pensili tra le due colonne.
 Et voilà, ecco la soluzione finale:


 Pro:
- la nicchia (ridotta e senza mensole) diventa il fulcro della cucina (con un quadro o un colore particolare)
- il frigo e il congelatore da incasso sono integrati nella cucina
- la mensola sparisce, sostituita dai pensili - evviva
- la cappa sparisce dentro il pensile - doppio evviva
- aumenta lo spazio contenitivo (talmente tanto, da non saper come riempirlo...)
- non ci sono più ninnoli sopra frigo, mensola e forno
- le ante bianche e lucide riverberano la luce proveniente dalla finestra per tutta la parete
- soddisfo il mio desiderio di avere una cucina "a ponte"
Contro:
- non ci sono nuovi piani d'appoggio (ma mi servono?)
- la nicchia è sacrificata (ma la sfrutterei altrimenti?)
- temo che i mobili siano troppo alti e soffochino le volte (iniziano a 217 cm)
- rinuncio alla cucina "bassa"
- non c'è spazio per il mio tanto desiderato Smeg - inconcepibile

 Sono consapevole di non poter avere la cucina dei miei sogni - ma solo perché è un pasticcio di stili: cucina di sole basi a U su tre pareti + cucina con colonne e pensili  "a ponte" su una sola parete + frigo/congelatore integrati + Smeg - e non mi do pace. Questa notte, però, una soluzione per avere sia la cucina "a ponte" che lo Smeg attraversa il mio cervello: l'afferro lesta e la trascrivo sul quadernetto dei progetti, pronta per essere realizzata in futuro (ma questa è un'altra storia).
 Se non sorgono nuovi dubbi, in settimana corriamo all'Ikea a ordinare i pezzi mancanti. Certo, mio caro Diario, il tuo parere sarebbe molto prezioso. Ti va di dirmi cosa ne pensi?

(-2; determinazione: puntigliosa; umore: raffreddato; sorriso del giorno: nuova cucina all'orizzonte!)

lunedì 24 febbraio 2014

Uncinetto: basco vs raffreddore

Caro Diario,
 ho il raffreddore.
 Sarà un caso? Mi taglio la lana (leggi "capelli") e il naso pizzica, gli occhi lacrimano, gli starnuti spostan montagne.
 Il raffreddore e io abbiamo uno strano rapporto: lui mi fa delle improvvisate, io tento di allontanarlo con tutte le armi a disposizione. Mi circondo di fazzoletti di carta nuovi e mi perdo in fazzoletti di carta usati, asciugo lacrime dagli occhi e assorbo altri tipi di lacrime dal naso (hai presente Michael Palin con le patatine nel naso in Un pesce di nome Wanda?), bevo un paio di Aspirina Spritz e indosso il cappello di lana.
 Perché passare la notte con la testa al caldo è l'unico sistema per allontanare il raffreddore. E non solo. Appena m'infilo sotto il piumino con calzettoni, pigiamone e cappello calato sulla fronte, il marito mormora: "Mmm. Stanotte pure gli incubi staran lontani."
 Pfui. Il mio cappello è bellissimo. Frutto di otto ore di crochet - in realtà sarebbero quattro, ma l'ho rifatto ben due volte: troppo stretto, disfa, troppo largo, disfa, giusto - era ora.
 Prima del raffreddore e prima del taglio di capelli, infatti, decido di regalarmi un nuovo cappello. Quel che uso dall'anno scorso, una cloche marrone ingentilita da un gufetto in tinta di Isabo, non copre perfettamente (forse dovrei dire "sigilla") le orecchie dal vento freddo di fine inverno. Sarebbe perfetto un basco. 
 E basco sia: Tramite Pinterest trovo un modello che mi piace e ne seguo lo schema, facile facile. Senza buchi, fitto fitto e lungo giusto per riparare le orecchie. Vorrei aggiungerci un pompon, ma già il marito dice che sembra una cuffia da doccia (villano), non vorrei strafare.
Il basco (colorato!) & la cloche ingentilita.

 Devo ancora abituarmi a indossar qualcosa che non sia nero / grigio scuro / marrone / blu, ma per il resto funziona: ho messo all'angolo il raffreddore. Un'altra notte col cappello e lo accompagno alla porta.

(-7; determinazione: media; umore: agitato; sorriso del giorno: cappello 1 - raffreddore 1!)

venerdì 21 febbraio 2014

Cambiamento numero due: diamoci un taglio

Caro Diario,
 ci siamo.
 I miei capelli son lunghi quattordici mesi: se li lascio sciolti, mi pizzicano il collo (odioso); se li lego in una coda di cavallo alquanto moscia, mi fanno male. Sono talmente sfibrati e stanchi, che sembra abbia un'aureola soffusa tutt'attorno alla testa. Ogni tanto si arricciolano d'allegria, ma ormai son casi molto rari.
 Da mesi colleziono immagini di fanciulle soavi con pettinature altrettanto soavi: lunghi, mossi e di ogni colore (grigio, rosa, azzurro i miei preferiti), sofisticati e folli caschetti arricciati, corti sbarazzini, corti strutturati, corti affascinanti. Ma ancora non sono convinta.
 Finché non arriva il vento del cambiamento, che s'infila tra le mie ciocche, le solleva, le osserva e, con tono scettico, mi chiede: "Che cos'è 'sta roba?". Non ha tutti i torti.
 Presa da un raptus frenetico, cerco il numero di telefono della mia parrucchiera (si può definirla "mia" dopo due tagli in due anni?), digito e aspetto che risponda al telefono. Il cuore mi batte, manco stessi telefonando al George. "Quando vuoi venire?", chiede lei. "Anche oggi, se puoi", rispondo io. "Sì, posso".
 E così eccomi qui sulla poltrona girevole, coi capelli bagnati e un filo di preoccupazione tra le sopracciglia. "Corti?", chiede la parrucchiera. Corti, suggerisce il vento del cambiamento. "Corti", rispondo.

(-7; determinazione: alta; umore: solare; sorriso del giorno: nuovo parrucco!)

mercoledì 19 febbraio 2014

Paroladordine: organizzare la credenza (2)

Caro Diario, 
 ebbene sto per raccontarti la nuova rivoluzione della credenza in cucina.
 Se ben ricordi, siam fermi alla rivoluzione numero tre: dopo la costruzione della dispensa nel sottoscala e del mobile colazione si creano troppi spazi vuoti (horror vacui in agguato) e urge un aggiustamento.
 Sappi, però, che non è affatto facile: la soluzione di prima era perfetta, trovarne una migliore implica una fine spremitura di meningi. Cogito, cogito, cogito e alla fine la soluzione giunge sulla scia di un altro pensiero: per ottimizzare un piccolo spazio devo pensare in grande. 
 E così scopro che rendere funzionale la credenza può diventare il fine per rendere funzionale un altro spazio della cucina: l'adorata/odiata nicchia. Nei miei sogni a occhi aperti è vuota, senza mensole, senza libri, senza ammennicoli vari, magari di un colore a contrasto: linda, semplice e discreta. L'esatto opposto di com'è ora. 
 Un primo passo in questa direzione potrebbe essere iniziare a spogliarla di qualcosa di superfluo: i libri attendono un pronto intervento scaffale (altra storia), gli ammennicoli vari possono essere diminuiti drasticamente. Per esempio i condimenti: perché lasciare in bella vista oli aromatizzati, salsa Worchester, tabasco, sale di ogni tipo e pepe variegato a prender calore, umidità, unto e polvere giorno dopo giorno? Poiché la risposta mi sfugge, decido di ritirarli in buon ordine nella credenza: eureka!


 Immediatamente mi sento in pace col mondo. Anche se contravvengo alla prima regola dell'Organizzatore Anonimo: non prendo le misure. Guaio! Le bottigilette degli oli aromatici son troppo alte. Cerco in casa altre bottiglie e controllo: il succo di mirtilli è troppo alto, così pure lo sciroppo di sambuco. Qualcosa mi dice che nei prossimi giorni berrò un bel po' di succo di rosa canina. 
 
5 fenicotteri rosa, 3 bottiglie (sciroppo di sambuco, succo di rosa canina et olio al peperoncino) e 1 imbuto verde
 Risolto questo non trascurabile inconveniente, ti porto con me in un piccolo tour all'interno della nuova e super organizzata dispensa.

  
Parte destra dall'alto: (sinistra) snack salati, frutta secca, snack del Baldo - vassoio condimenti - ingredienti per dolci, zuccheri, sale - cereali; (destra) anta con programma dieta (ehm), ricette, lavagna magnetica con menu settimanale.
  
 Al basso: (primo cassetto) ingredienti per dolci; (secondo cassetto) scatolame; (cassettone) olio, aceto, birra, vino, succhi di frutta, latte e pappa del Baldo.
 Parte sinistra dall'alto: ciotole - bicchieri - piatti. Troppo, troppo spazio vuoto (potere dello shopping vieni a me!).

 Al basso: (primo cassetto) posate per ogni giorno; (secondo cassetto) posate della festa; (terzo cassetto); insalatiere e terrine; (cassettone) tovaglie, tovaglioli e strofinacci.

 E dopo questo lungo giro di valzer, la fatidica domanda: cosa te ne pare?


Segui le varie fasi:
- Paroladordine: organizzare la credenza (1)

(-9; determinazione: convintissima; umore: ottimo; sorriso del giorno: riorganizzare la credenza!)

lunedì 17 febbraio 2014

#13: 5 ore di polvere

Caro Diario,
 sono basita.
 Sento da qualche parte che le donne hanno bisogno di almeno altre cinque ore in più al giorno. Non per godersi la vita, no! Per fare per bene i lavori di casa.
 Grazie, molto gentili, ma ne faccio volentieri a meno: altre cinque ore di nervosismo? Perché io, i mestieri di casa, non li sopporto, non li voglio nemmeno contemplare. Mi tengo le mie care ventiquattro ore, che a volte mi sembrano fin troppe.
 Ma pulire per bene mi tocca, soprattutto questa settimana, una Settimana Speciale: inizia il conto alla rovescia per chiudere il progetto di ristrutturazione della casa. In previsione visite da parte di architetti e geometri, che - sebbene abituati a cemento e calcinacci - potrebbero gradire poco la polvere di casa.
 Ragioniamo, non ho intenzione di spolverare per cinque ore consecutive ogni giorno, ma dovrei proprio armarmi di piumino, prolunga e caschetto da minatore (quello con la lucina incorporata) e stanare gli Impensabili Accumuli:
micro ragnatele negli angolini tra pareti e soffitto
festoni festanti dalle volte (li puoi vedere solo la sera, con luce radente , quando il Baldo scodinzola)
nidi di peli canini dietro ai mobili
microcosmi tra le barre dei caloriferi.
 Può bastare? Per me sì (è già una vittoria averli scoperti). Concederò alla casa cinque ore di questa settimana per annientarli. Nella speranza che non si vendichino avvolgendomi in un bozzolo polveroso.

fonte: twoaddtwo
 "Spolvera se devi, ma non sarebbe meglio / dipingere un quadro o scrivere una lettera, / cuocere una torta o piantare un seme, / meditare sulla differenza tra desiderio e necessità?"
{Rose Milligan}
 (-11; determinazione: alle stelle; umore: solare; sorriso del giorno: progetto ristrutturazione in chiusura!)

venerdì 14 febbraio 2014

Il Tai Chi e l'Amore

Caro Diario,
 son già cinque mesi di Tai Chi.
 Cinque mesi in cui imparo ad ascoltare il mio corpo. A occhi chiusi, lascio che i muscoli scivolino nella posizione e che comodamente vi rimangano. Il mio respiro indica il ritmo e il mio corpo danza leggero: piccoli movimenti, piccoli piaceri. Ci son delle volte che sorrido, perché quel che faccio mi piace e mi piace quel che imparo.
 C'è la mezz'ora di esercizi per respirare, per muovere braccia e testa assieme alla pancia, per sentire il pieno e il vuoto di un corpo in movimento. Spicco il volo come un drago dagli abissi del mare, nuoto come un orso nel fiume, scendo in picchiata come un'aquila che afferra la preda. Faccio le bolle di sapone in una tinozza e spruzzo la schiuma tutto intorno a me.
 Poi c'è la mezz'ora di esercizio. "Tai Chi Chuan Ti I lu" diciamo assieme, poi salutiamo e iniziamo questa danza antica, i movimenti che si svolgono fluidi l'uno nell'altro.
 Infine c'è la mezz'ora di applicazioni. La danza antica, infatti, è un'arte marziale e a ogni movimento sinuoso corrisponde una difesa contro l'attacco dell'avversario. Tradurre la lentezza in mosse veloci e sentirne l'efficacia in uno pseudo combattimento rende ancora più vivo il Tai Chi.
 Ma non imparo solo questo. Alla fine dell'ultima lezione l'insegnante ci dice:

"L'impegno non nasce dalla passione: è la passione a nascere dall'impegno." 

 Mi fermo e medito. Le parole cadono dentro di me, pian piano prendono significato e si accendono di luce. E' vero e me ne accorgo solo ora. Negli ultimi otto anni incontro persone e libri che parlano in lingue sconosciute, con voci che mai prima sono in grado d'ascoltare. Ho a che fare con loro tutti i giorni e m'impegno per riuscire a comprenderle. E mentre m'impegno incomincio a capirle, incomincio a voler loro bene, voglio saperne di più, mi appassiono. 
 Ed è così che mi capita ogni volta: a certe cose manco mi accosto (alcune m'intimoriscono), ma se mi capita, poi voglio conoscerle meglio e mentre le conosco me ne innamoro. Le chiamo "nuove avventure" e non sono altro che storie di nuovi amori.
 Sono una ex Q.Q. profondamente innamorata. 

{a.a.a. cercasi fonte disperatamente}

(-14; determinazione: serena; umore: nervosetto; sorriso del giorno: buon San Valentino!)

mercoledì 12 febbraio 2014

Uncinetto e Ago: io, lui e il robot

Caro Diario,
 abbiamo un robot in casa.
 Non cucina, non stira, non spolvera, non fa di conto, né gioca col Baldo: induce dolci sonni e accompagna sonnellini domenicali.

 
 La sua storia è lunga, risale all'ottobre scorso quando, passeggiando ad Abilmente, incontro un oggetto bellissimo: una borsetta di lana rossa decorata da una rosa. "Com'è fatta?" chiedo alle due donne esperte con cui mi accompagno. "Uncinetto tunisino, ricamo a punto croce" rispondono all'unisono.
 L'informazione si sedimenta. Ogni tanto quell'immagine mi appare sul retro delle palpebre.
 Qualche settimana più tardi, cercando un gomitolo grigio in una borsa dimenticata, salta fuori un aggeggio strano di plastica azzurra, un ibrido tra uncinetto e ferro da maglia. Sorge un sospetto, controllo su internet e... non ci credo, ho un uncinetto tunisino in casa! Abbandono la ricerca del gomitolo grigio e afferro al volo il tunisino e una lana verde ottanio (che da tempo giace speranzosa), trovo i punti base su vecchi libri e sul web e inizio. 
 Mai lavorato con l'uncinetto tunisino. Ma mi applico: andata e ritorno, con un movimento simile al lavoro a maglia e più scomodo del colpo di polso dell'uncinetto classico. Faccio quasi fatica, ma ci do dentro perché voglio vederne il risultato - forse ci do un po' troppo dentro: tendinite al pollice (no comment). Il tessuto ottenuto è molto bello, i punti son regolari e compatti, se ne vede quasi la trama e l'ordito come fosse un tappeto. 
 Tre mesi e troppi impegni dopo, finisco: piego a metà il rettangolone ottenuto e cerco un ricamo adatto.
 Mai ricamato a punto croce. Ma mi applico: traduco uno schema fantasma in quadratini e crocette, faccio conti per centrare il disegno al cuscino, rifaccio i conti perché ho sbagliato e provo. Impiego un po' a capire dove infilare con esattezza l'ago per ottenere crocette grandi uguali, faccio e disfo almeno due volte, m'ingarbuglio le dita, il lavoro e le gambe.
 Un giorno e mezzo dopo, finisco: unisco i lati con un bordo a maglia bassa, infilo l'imbottitura... et voilà!


Il marito è contento (il cuscino è per lui), io così così. Mi piace l'effetto finale, ma per nulla lavorare con l'uncinetto tunisino. Passerà un po' di tempo prima di riprenderlo in mano. Non troppo, però: voglio quella borsetta! 

(-16; determinazione: buona; umore: luminoso; sorriso del giorno: robot!)

lunedì 10 febbraio 2014

# 12: vademecum per viver bene il cambiamento

Caro Diario,
 finisce la settimana di interregno.
 La settimana di interregno (o transitoria, cuscinetto, di passaggio, provvisoria, d'avvicendamento - scegli quel che preferisci) è fatta di quei sette giorni in cui lascio andare a malincuore il vecchio progetto e mi preparo ad accogliere quello nuovo. In questo periodo di cambiamento la mia mente esclama con vigore: "E' morto il re, viva il re!" e il mio corpo sospira: "Vacanza". Inizia così un carosello di moti di ribellione, grandi sbadigli ed enormi sensi di colpa.
 Per evitare di cadere in questa trappola le prossime volte, decido di stilare un vademecum a imperitura memoria:  

  1. Fingi di essere al Ritz!
    Prenditi una settimana di vacanza: per esser di nuovo gagliarda hai bisogno di fare incetta di energie fresche (le ultime si son volatilizzate durante le sere, i fine settimana e i giorni festivi di lavoro). Zero impegni, zero orari, zero cose da ricordare, zero incombenze. Zerella.
  2. Disattiva la sveglia e dormi beata!
    Inutile puntare la sveglia, tanto sai che appena spenta ti girerai sul fianco per continuare a dormire. Ormai, però, il senso di colpa si siederà sullo stomaco a tormentarti. Temi di prendere una brutta abitudine per i prossimi giorni? Non preoccuparti, ci penseranno l'adrenalina e lo scadere delle consegne a farti saltar dal letto come un grillo.
  3. Spegni il computer e accendi il lettore dvd!
    Il computer - strumento di lavoro insidioso - è il diavolo. Lo accendi al mattino per cercare nuovi spunti per il prossimo progetto, ma perdi la rotta e beccheggi in un mare di blog, siti, giochini e social perniciosi. Guardati un film, invece, e per la prima volta dopo n settimane goditelo fino in fondo. Ricorda: i popcorn son sempre graditi.
  4. Straccia il programma e segui l'istinto!
    Perché perdi tempo a sparpagliare impegni su 24h per 7gg in una tabella, quando sai che non la leggerai mai? Solo per averla scritta, ti scoppieranno sensi di colpa infiniti da cui non potrai scappare: evita a prescindere e sarai più serena. Sonnecchia quando hai voglia, mangia quando hai fame, accendi l'hi-fi a tutto volume per farti un balletto, eccetera, eccetera. Tanti dolci e beati eccetera.
  5. Allontana il rimorso e sorridi serena!
    Segui alla lettera i punti da 1 a 4. Riposa il corpo, svuota la mente e rinfresca la memoria. Non solo: divertiti. Ricomincerai a lavorare col sorriso sulle labbra e - particolare non trascurabile - i tuoi coabitanti ti ringrazieranno in eterno e ti ameranno di più.
Ora che ho il mio vademecum, mio caro Diario, ripeti con me: "Leggilo, stampalo, appendilo al posto della laurea in Lettere e imparalo a memoria!"

Non provare. Fare o non fare, non esiste provare.
via Behance

(-18; determinazione: in ripresa; umore: idem; sorriso del giorno: vademecum per vivere bene il cambiamento!)

mercoledì 5 febbraio 2014

Cambiamento numero uno

Caro Diario,
il vento dei cambiamenti passa subito dalle tue parti.
Dopo quattro giorni e un quarto di indecisione, concentrazione, auscultazione dei moti emotivi e di sana autoanalisi, ti regalo un nuovo vestito, anzi, un corredo intero. 
Via quell'aria gigiona, via quella grafia fanciullesca, via quei colori squillanti: benvenuto nitore del bianco & nero. E benvenute piccole macchie di colore: verde dell'erba fresca, arancio del sole al tramonto, rosa come un grande sorriso.
Perché, come ho imparato in questi quattordici mesi e poco più:

(-23; determinazione: alle stelle; umore: ottimo; sorriso del giorno: cambiamento numero uno!)

lunedì 3 febbraio 2014

# 11

Caro Diario,
 nuovo mese, nuova settimana, nuove cose?
 In apparenza tutto è normale: il Baldo ronfa serafico nella sua cuccia, io pigio con lena sui tasti del pc, fuori piove e la luce è fioca. Qualcosa, però, sta cambiando.
 Finito il progetto che m'impegna da un anno, ne inizio altri: nuovi orari, nuovi argomenti, nuove le abitudini che ne verranno, nuove sfide. Mi piace.
 Finite le vacanze del marito, mi sveglio al mattino da sola: senza la lista delle (sue) cose da fare declamate a gran voce, senza il profumo del caffé diffuso per casa, senza scherzi e carezze veloci tra un colpo di martello e uno di rullo. Mi piace un po' meno.
 Mi sento un po' come l'orso di ieri, che dà un'occhiata alla luna - una piccola falce di luce - ed esce dalla caverna: l'inverno sta per finire e una calda primavera lo aspetta. Ma ancora sbadiglia, si stropiccia gli occhi e si scrolla. Indeciso se buttarsi a capofitto nel bosco in cerca di cibo o grattarsi la testa e osservare con calma tutt'intorno.
 In poche parole, sto raccogliendo le idee. Tantissime, vorticose, che mi tengon sveglia di notte e ronzano come vespe indaffarate e rimbalzano come palline impazzite. 
 Tutto in regola: sono in fase di cambiamento.
 Cambiano anche gli obiettivi per questo mese, mio caro Diario. Il Punto Della Situazione in fin dei conti è positivo, ho solo sgarrato un pochino col secondo obiettivo (riorganizzare la credenza), ma ci sto lavorando. Per il Nuovo Piano D'Attacco di febbraio tre sole parole: 
 

(-25; determinazione: barcollante; umore: basculante; sorriso del giorno: l'orso esce dalla caverna!)
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